Raffaello Giovagnoli, un perfetto sconosciuto in Italia, è uno scrittore romano notissimo in Russia e in tutti i paesi dell'ex blocco sovietico. Questo romanzo del 1874, tradotto in russo quasi subito, nel 1880, ha venduto molte più copie in russo che in italiano. Chissà come farebbe piacere a Raffaello, morto nel 1915, sapere che il suo personaggio ha dato vita a così tante iniziative culturali all'estero.
Calcolando che tuttora ne esce almeno un'edizione all'anno, e che la tiratura media di queste edizioni è di circa 250.000 copie, approssimativamente si può calcolare che in russo le copie totali stampate finora siano 35 milioni!!!
Lo Spartak di Mosca, la squadra di calcio, prende le mosse da Spartaco, certo, che però sarebbe sconosciuto alla maggior parte dei russi se non fosse per questo romanzo di Giovagnoli. E decine di altre squadre russe di vari sport portano lo stesso nome. Si chiamano Spartak navi, giornali sportivi, balletti, film, associazioni.
Una delle prime domande che un russo fa a un italiano è su Giovagnoli, che tra l'altro è parola difficilissima da pronunciare per loro, che non hanno il suono della nostra g dolce, per cui dicono qualcosa tipo Dzovan'oli. La prima volta che me l'hanno chiesto pensavo di avere capito male: d'accordo, non sono specialista di letteratura italiana, ma l'autore italiano più noto ai russi dovevo per forza conoscerlo. E invece no. Ho scoperto questo autore e questo romanzo grazie ai russi.
Si può dunque affermare che questa edizione è una "traduzione" italiana. Non perché lo sia dal punto di vista linguistico, dato che Giovagnoli l'ha scritto in italiano, ma come traduzione culturale: la cultura russa fa pressione su di noi perché ci "mettiamo in pari" con loro su questo romanzo storico romano. Dopo l'edizione del 1878 in Italia ne sono state pubblicate poche nei decenni successivi, poi nulla fino al 1955, e poi il vuoto.
Rendendomi conto di questo gap culturale mi sono preso la briga di cercare il testo e di metterlo a disposizione del pubblico italiano contemporaneo. L'italiano è un po' datato, ma comprensibile, e la patina di antico che costituisce per noi la nostra lingua di un secolo e mezzo fa si addice bene alle gesta narrate. Sapere che Giovagnoli si basa su fonti storiche e che quindi il romanzo ha solidi fondamenti nella realtà non fa che aggiungere fascino alle vicende narrate.
Vale la pena di dire due cose sul testo. Il lettore italiano di oggi troverà strano che il plurale di freccia sia FRECCIE, che si usino tanti apostrofi ormai in disuso come in V'ANDASSE, che ci siano tante forme tronche dei verbi come AVEVAN e anche forme più antiquate come AVEAN. Si tenga conto che parole come DUCE non hanno nulla del sapore odierno per noi, perché pronunciate quando ancora il fascismo in Italia non era stato concepito nemmeno lontanamente. Qui vale la sua origine latina da dux, condottiero, in modo molto simile, tra l'altro, a come è sempre stato apostrofato Stalin, vozd', dal verbo vodit', guidare, condurre.
Le numerose note e le precisazioni tra parentesi in latino sono tutte dell'autore.